In un soggetto sedentario il ricambio di acqua quotidiano è di circa 2,5 litri (bilancio tra entrate e uscite), ma i liquidi che realmente circolano nell’intero apparato digerente ammontano ad un totale di 9 litri circa. In un atleta le quantità variano notevolmente, a causa di un aumento delle uscite, sotto forma soprattutto di sudore. Tali perdite devono essere adeguatamente compensate da un aumento delle entrate.

Il quantitativo di acqua da reintegrare varia ovviamente in base alle caratteristiche individuali, all’intensità e quantità del lavoro muscolare e, soprattutto, in relazione alle condizioni climatiche.

A grandi linee, il fabbisogno idrico di un soggetto che svolge attività fisica è di circa 1 ml per ogni caloria di dispendio energetico. Se l’attività fisica supera le 2 ore, la disidratazione può raggiungere anche il 5% del peso corporeo. Tale mancanza di liquidi deve essere adeguatamente e prontamente riequilibrata, in caso contrario infatti si creano i presupposti per un rapido deterioramento delle prestazioni dell’atleta.

Alcuni assurdi regolamenti sportivi vietano il rifornimento di acqua durante la gara, fondamentale invece per evitare che si creino inconvenienti dovuti all’eccessiva perdita di acqua. Soprattutto nelle giornate calde ed umide, è necessario che vengano emesse raccomandazioni specificando di assumere un quantitativo supplementare di liquidi prima dell’esercizio, non solo durante e dopo, privilegiando soluzioni ipotoniche o isotoniche.

Il rispetto della scelta di soluzioni ipo/isotoniche è necessario per evitare che una rilevante quantità di acqua pura comporti la diluizione dei liquidi extracellulari, determinando, grazie all’azione dell’ipofisi, l’increzione di adiuretina con conseguente eliminazione dei liquidi in eccesso ma anche spiacevoli ripercussioni per un atleta.

A volte, nonostante l’assunzione di bevande ricche di sali, l’atleta non riesce ad aumentare l’assorbimento del Na (sodio), poiché il “segnale” della sete stimola ad assorbire i liquidi ma non riesce a determinare il corretto riequilibrio degli elettroliti. Questo avviene principalmente in soggetti non allenati ed in condizioni climatiche particolari.

Molti atleti professionisti, abituati a grandi sforzi con cospicue profusioni di sudore, sviluppano la capacità di produrre un sudore povero di elettroliti.

In generale la mancanza di liquidi e sali, soprattutto in condizioni di caldo umido, ci viene segnalata da nostro corpo attraverso sintomi come nausea, vomito, vertigini e stanchezza generale, oltre che da una notevole compromissione delle prestazioni. Qualora si insistesse possono presentarsi crampi muscolari, apatia mentale e convulsioni.

Per calcolare correttamente la quantità di sostanze da reintegrare è necessario ricordare alcuni concetti legati all’osmolarità: vediamoli brevemente insieme.

Definizione e concetto di Osmolarità: il volume di liquido extracellulare viene generalmente stimato in 0,255 l/Kg di peso corporeo. Il fattore principale che regola la distribuzione dell’acqua corporea tra i distretti extracellulare (EC) ed intracellulare (IC) è la pressione osmotica dei liquidi stessi. La pressione osmotica è definita come quella pressione che bilancia esattamente il movimento del solvente generato dalla differenza di concentrazione di soluto tra 2 concentrazioni.

Per un soluto ideale si ha:

P.Osm = nRT/V dove n/V = moli/m3 = mmoli/litro

È necessario sempre considerare la differenza:

Osmolalità: mosmoli/l di solvente; Osmolarità: mosmoli/l di soluzione.

In soluzioni acquose diluite di soluti non dissociati, come il glucosio, osmolarità = osmolalità

Quando un soluto si dissocia (es. NaCl) bisogna tenere conto dell’aumento del numero di particelle (ioni Na e Cl). Pertanto, una soluzione acquosa di NaCl 100 mmoli presenta la stessa pressione osmotica di una soluzione con 200 mmoli di glucosio.

Non si deve confondere la pressione osmotica prodotta da sostanze a basso Peso Molecolare, PM, (come i cristalloidi), da quella determinata da sostanze come le proteine (o colloidi), dove quest’ultima è denominata “pressione oncotica”.

Le proteine sono anioni relativamente non permeanti, mentre altri ioni permeano più o meno facilmente; questo spiega le differenze esistenti nelle concentrazioni di piccoli ioni ai 2 lati dell’endotelio capillare.

Le proteine plasmatiche contribuiscono per circa il 7,5% alla concentrazione anionica del plasma.

Quindi il 93% circa dell’osmolalità del plasma e dei liquidi interstiziali è imputabile agli elettroliti, in particolare Na, Cl e HCO3- .

L’osmolalità reale è però solo il 90 – 95% di quella teorica calcolata a causa delle deviazioni, da parte dei soluti, di quelle che sono le condizioni ideali, ma queste differenze non sono rilevanti da un punto di vista funzionale.

Le varie soluzioni per essere considerate isotoniche o isosmotiche col plasma devono avere una osmolalità di 270 – 320 mosmoli/l di solvente.

L’importanza di una corretta interpretazione dell’osmolarità diventa fondamentale nella preparazione di una soluzione che debba reintegrare energie e sali minerali nell’atleta. Bisogna innanzitutto identificare l’obiettivo, cioè se si punta ad un rapido reintegro dell’acqua o se si vuole un veloce apporto energetico.

Alcune vecchie regole sono però sempre valide: si è notato che alcuni zuccheri possiedono un effetto “trascinante”, cioè soluzioni con disciolti i 4 principali ioni persi col sudore (Na, Cl, K e Mg) vengono assorbite più velocemente durante il transito nel lume intestinale, se sono in presenza di alcuni zuccheri.

Una soluzione isotonica garantisce anche un veloce transito nello stomaco, appena più lento di quello dell’acqua pura.

TIPO E VOLUME DI BEVANDA CHE TRANSITA NELLO STOMACO IN 20 MINUTI

Tipo (% di glucosio)

Volume in ml

0 (acqua pura)

64

5

60

8

55

10

47

20

20

Una soluzione ipertonica, cioè con una pressione osmotica superiore a quella del plasma, permane più a lungo nello stomaco e, una volta giunta nel lume intestinale, a causa dell’elevata osmolarità, richiama un quantitativo di liquidi dalla mucosa (furto di acqua). Questa sottrazione d’acqua danneggia l’intero organismo, peggiorando un’eventuale disidratazione, provocando diarrea e, in ogni caso, limitando le prestazioni atletiche.

Assai frequentemente la disidratazione è causata da un calo peso condotto in modo non adeguato. Gli atleti generalmente perdono peso per tre motivazioni:

  1. Rientrare in una specifica categoria di peso;
  2. Aspetto estetico qualitativamente migliore;
  3. Migliorare la Performance.

Sono molti i dubbi sollevati relativamente al potenziale danno alla salute causato dalla continua perdita di peso, chiaramente maggiori perplessità, se non certezze, derivano dalle metodiche, per lo più empiriche, utilizzate per perdere rapidamente peso. In questi casi la componente principale della perdita di peso è la conseguente DISIDRATAZIONE, e non una vera e propria riduzione della massa grassa.

Da tenere sempre presente alcuni aspetti fisiologici: l’acqua corporea rappresenta il 60% circa del peso corporeo totale in un uomo adulto. Il quantitativo di acqua intracellulare (ICW – Intra Cellular Water) ammonta ai 2/3 del totale di acqua corporea (66%), mentre il contenuto di acqua extracellulare (ECW – Extra Cellular Water) ammonta ad 1/3 dell’acqua totale corporea TBW (Total Body Water), ovvero il 35%.

Il Plasma sanguigno risulta essere il 20-25% dell’acqua extracellulare, mentre il restante 75 % appartiene al compartimento interstiziale sempre dell’acqua extracellulare: nelle disidratazioni da calo di peso rapido, entrambi i compartimenti sono interessati dalla perdita di acqua.

È stato stimato che il compartimento ICW contribuisce al 30-60% del totale della perdita di liquidi; il fluido interstiziale per il 30-60% del totale, ed il VPS (Volume Plasmatico Sanguigno) per l’8-12% (Mack & Nadel 1996).

La disidratazione volontaria è probabilmente la tecnica più utilizzata per la modalità rapida di perdita di peso, ed anche la più specifica nel produrre ingenti perdite di acqua corporea.

Il digiuno o le diete lampo, con un contenuto calorico molto basso, comportano perdite di peso rilevanti. Infatti, un apporto energetico molto scarso comporta inevitabilmente perdite elevate di acqua corporea, dovute alla degradazione di glicogeno e proteine, con le seguenti ripercussioni sulle funzioni fisiologiche e performance:

  • Ridotto miglioramento, assenza di modificazioni o possibile riduzione della forza muscolare;
  • Riduzione della potenza anaerobica;
  • Riduzione del volume plasmatico ed ematico, aumento della FC (frequenza cardiaca) a riposo e durante lavoro sub massimale, diminuzione della gettata sistolica, riduzione della capacità di lavoro.
  • Ridotto consumo di ossigeno.
  • Squilibri della termoregolazione, in grado di diminuire le capacità di resistenza e aumentare il rischio di patologie da calore durante l'attività fisica.
  • Diminuito afflusso di sangue ai reni e diminuita filtrazione renale.
  • Deplezione del glicogeno muscolare e possibile deplezione di quello epatico, con evidente riduzione della capacità di resistenza del muscolo e della capacità dell'organismo di mantenere i normali livelli glicemici; incremento del catabolismo proteico.
  • Deplezione elettrolitica con conseguente alterazione della capacità di contrazione muscolare; problemi di coordinazione; aritmie cardiache.

Alcuni dati utili per riconsiderare le negatività della disidratazione: con una rapida perdita di peso corporeo dal 4,1 al 6,3%, è stata riscontrata una diminuzione del VPS dal 1,4 al 14,8%.

In uno studio condotto su atleti di lotta una perdita di peso, nei 3-5 giorni precedenti la gara, dal 3,3% al 5,8% comporta una riduzione del plasma sanguigno del 6,3% circa.

Ad una perdita di fluidi corporei anche solo dell’1% corrisponde un significativo aumento della temperatura corporea, rispetto ad una condizione di idratazione ottimale.

Per ogni litro di sudore che viene prodotto, la FC a parità di carico di lavoro svolto, aumenta di 8 puls*min-1 e la gittata cardiaca diminuisce di 1 L*min-1.

Quando la disidratazione in un periodo di calo peso rapido ammonta al 4-5% della massa corporea, si verifica un evidente calo delle capacità di lavoro ed una riduzione di molte funzioni legate alla componente atletica. Tra queste, di particolare rilievo la diminuzione delle capacità tamponanti acidità muscolare e la diminuzione della soglia del lattato.

Un adeguato bilancio idrico durante lo svolgimento di un’attività fisica risulta essenziale per ottimizzare le funzioni cardiovascolari e termoregolatrici.

All’inizio dell’esercizio fisico l’acqua viene trasferita dal plasma sanguigno (ECW) agli spazi interstiziali ed intracellulari: i metaboliti iniziano ad accumularsi all’interno ed intorno alle fibre muscolari, la pressione osmotica in questi siti è in aumento ed attira quindi acqua. L’attività muscolare in aumento fa salire la pressione sanguigna, con uno “stravasamento” dell’acqua dal comparto vascolare, che spesso si associa un aumento della sudorazione: in sostanza, da tutti questi effetti dovuti dall’aumento dell’attività fisica, i muscoli acquistano acqua a spese del volume plasmatico.

Per contro, dalla riduzione del volume plasmatico si ottiene:

  • Riduzione della pressione sanguigna;
  • Riduzione dell’afflusso di sangue verso l’epidermide;
  • Riduzione dell’afflusso di sangue verso i muscoli.

Questi effetti combinati tra loro purtroppo possono compromettere seriamente la prestazione sportiva. Uno dei meccanismi coinvolti deriva dal fatto che ad un calo di peso molto rapido corrisponde una riduzione del VPS, ma non viene consentita la perdita di elettroliti nella stessa misura dell’acqua. Di conseguenza vi è un cambiamento dell’osmolarità del plasma che aumenta (emoconcentrazione), con relativo innalzamento del gradiente di concentrazione.

Alla riduzione del VPS consegue una riduzione della massa plasmatica globale, cui segue l’aumento della viscosità del sangue che, a sua volta, causa effetti negativi sulla funzione cardiovascolare, tra cui: la riduzione del Volume/Minuto (gettata cardiaca); riduzione della scarica sistolica (del 25-30%); aumento della frequenza cardiaca attribuita alla riduzione della scarica sistolica. L’incremento conseguente della frequenza cardiaca non basta per compensare una diminuita scarica sistolica, per cui ne deriva la riduzione della gettata cardiaca.

La riduzione della capacità cardiaca riduce complessivamente l’efficacia del trasporto di ossigeno, producendo dei disturbi metabolici nel muscolo attivo che lavorerà in anaerobiosi, accelerando il consumo delle scorte di glicogeno.

Anche una modesta disidratazione (1% del Peso Corporeo) provocata dalla sudorazione durante l’esercizio fisico può incrementare il lavoro cardiovascolare, aumentando la FC e riducendo la capacità di termoregolazione dell’organismo.

Ricapitoliamo le conseguenze date dalla disidratazione conseguente alla perdita di peso rapida:

  • Diminuzione del volume e della pressione sanguigna;
  • Riduzione del volume di scarica sistolica sub-massimale e massimale e della massima gettata cardiaca (Volume/minuto);
  • Diminuzione della perfusione di sangue ai reni, e attraverso i reni;
  • Aumento della FC sub-massimale;
  • Riduzione delle capacità Aerobico ed Anaerobiche;
  • Declino della prestazione;
  • Notevole impedimento alla termoregolazione.
  • Perdita di Liquidi;
  • Diminuzione delle riserve di Alcali, a riposo.

Gli atleti, tentando di ottenere un basso peso corporeo con diete molto drastiche, ottengono quindi un calo prevalente di liquidi corporei; pertanto, sulla base delle precedenti indicazioni, viene spontaneo trarre delle conclusioni generali sull’azione esercitata dal “Calo Peso” sulla prestazione atletica, così come è certo che la riduzione della massa magra comporta anche la diminuzione della capacità di forza dell’organismo.

La riduzione della Forza andrebbe presa in considerazione seriamente, dato che la potenza è una condizione fondamentale per il raggiungimento di una performance di successo, e ciò entra in conflitto con la teoria che la riduzione del peso corporeo permette all’atleta di guadagnare un reale margine competitivo.

Certamente non secondarie sono le implicazioni per la salute evidenziate in precedenza, cui si aggiunge una concreta alterazione del meccanismo della termoregolazione. Sawka nel 1992 concluse in una review che la disidratazione causa un grandissimo immagazzinamento di calore che non viene dissipato dall’organismo (incremento della temperatura corporea profonda), riducendo così la tolleranza allo stress da calore. Questo è il risultato delle riduzioni quantitative del sudore e della circolazione sanguigna.

Uniformemente alla riduzione della circolazione sanguigna, vi è una relativa ridotta mobilità del circolo sanguigno periferico sottocutaneo che ha, tra gli altri, il compito di raffreddare la cute e di conseguenza la temperatura corporea profonda, rendendo difficoltoso il mantenimento della pressione sanguigna venosa ed un’adeguata gittata sistolica.

L’eccessiva sudorazione e/o minzione urinaria potrebbe anche essere conseguenza della grande perdita di elettroliti. Questo potrebbe causare serie ripercussioni, come le disaritmie cardiache, anche se Costill nei suoi studi osservò che questa perdita uniforme di elettroliti deriva prevalentemente dal compartimento ECW, e quindi la perdita di ioni mediante sudorazione ed urinazione ha piccoli effetti sul contenuto di ioni K+ nella cellula muscolare.

Purtroppo, esistono ancora diverse difficoltà per una gestione precisa e dettagliata, utile alla prevenzione di una sudorazione eccessiva. Questo perché:

  • Non si suda mai con la stessa intensità, né tra soggetti diversi, né in condizioni apparentemente uguali;
  • Non c’è costanza nella composizione ionica del sudore;
  • Non è emerso nessun indice predittivo attendibile sulla quota di liquidi che un atleta perderà (osmolarità urine, sudore, pre-idratazione programmata): le variabili ambientali ed individuali risultano imponderabili.

Quali considerazioni si possono trarre per poter contrastare la disidratazione, dipendente soprattutto dal calo peso rapido ed eccessivo oppure nelle situazioni di difficili condizioni ambientali (caldo umido) in cui si compie l’esercizio fisico?

Innanzitutto, bisognerebbe considerare che i meccanismi di assorbimento dell’acqua nel lume intestinale si associano, e modulano l’assorbimento dei nutrienti grazie al co-trasporto con alcuni elettroliti sfruttando i relativi canali. Da qui lo studio e la formulazione di opportune soluzioni per una corretta e completa idratazione. Di seguito elenchiamo alcuni punti fondamentali che dovranno essere considerati per contenere e/o evitare un bilancio idrico negativo.

    • Osmolarità e tipo di carboidrati non influenzano negativamente lo svuotamento gastrico per concentrazioni CHO fino al 6%;
    • Volume più importante della temperatura nel regolare lo svuotamento gastrico.

Shi et al. Int J Sports Nutr Exer Met 2000

  • Nell’intestino esistono “trasportatori attivi” per molti carboidrati. La presenza di diversi carboidrati nelle bevande migliora quindi l’assorbimento della quota liquida.
  • La velocità di assorbimento intestinale è influenzata da: osmolalità, tipologia di Carboidrati, numero di Carboidrati.
  • L’impatto del fattore “numero CHO” è maggiore di quello “osmolarità”.

C. Gisolfi legacy”2001 ACSM Annual Meeting

  • Soluzioni che contengono diversi carboidrati (quindi più di uno) determinano una maggior captazione di acqua a livello intestinale.

McArdle, Katch & Katch, Sports & Exercise Nutrition

  • L’aggiunta di una minima quantità di sodio contribuisce a mantenere la concentrazione plasmatica del sodio stesso, e quindi ridurre la produzione di urina e sostenere lo stimolo della sete

McArdle, Katch & Katch, Sports & Exercise Nutrition

  • Il volume dei liquidi da assumere deve essere superiore alle perdite di una percentuale  dal 50 al 70 %.

ACSM Position Stand 2007

 

 

BIBLIOGRAFIA

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